Anno: 1989

In poco più di 130 pagine Sepulveda ci fa fare un viaggio lungo tutta la vita di Antonio Josè, da quando si era trasferito con la giovane moglie a El Idilio alla morte di quest'ultima fino alle avventure con gli shuar e alla caccia al tigrillo.
La storia è costellata di flashback che però non distraggono e confondono il lettore, anzi, semmai lo aiutano ad entrare nella mente del protagonista.
Questo uomo ha avuto molte esperienze nella vita: dopo la perdita della moglie poco dopo essere arrivato sull'isola, si è avvicinato alla tribù degli shuar, dei nativi del posto, grazie ai quali è riuscito a sopravvivere alle difficili condizioni dell'Amazonia.
Con loro ha imparato a rispettare la natura, a potenziare le proprie capacità fisiche e ad uccidere con dignità un'altro essere vivente.
Tuttavia quando muore un suo amico shuar che gli chiede di vendicarsi e lui, per tener fede alla promessa, uccide il gringos con un fucile, viene meno a tutto ciò che la tribù gli aveva insegnato. E viene meno anche alla promessa fatta all'amico, perchè aveva infranto la prima regola: lasciare all'avversario la dignità nella morte.
E così Antonio abbandona gli shuar e torna a vivere nel villaggio insieme agli altri uomini.
Ed è qui che legge romanzi d'amore.
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Luis Sepùlveda |
Ho trovato questo romanzo ricco di pathos e di tenerezza. Il vecchio è un personaggio molto umano, un saggio, uno di quelli che non esistono più nelle nostre società. O forse, se ancora esistono, siamo noi a non avere più le orecchie per ascoltarli.
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